Fiffa inda Street… un gioco da ragazzi? - Una storia di Sara Marzo

Fiffa inda Street

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Lunedì 8 dicembre, l’Immacolata, giorno di festa, non c’è scuola, non c’è università, non si lavora. E’ l’occasione per gli studenti fuori sede di tornare a casa e riposarsi, rivedere gli amici, abbuffarsi in pranzi maratone, giocare a carte, in poche parole iniziare a respirare l’aria natalizia.

Funziona così un po’ dappertutto, ma a Francavilla Fontana quello che all’apparenza può sembrare un gruppo di amici che si ritrova al bar del paese in un giorno di festa in realtà è molto di più, nasconde qualcosa di speciale.

Sto parlando dei ragazzi di Fiffa inda Street, un gruppo informale di giovani francavillesi che hanno fatto della passione per il calcio un vero e proprio strumento di coinvolgimento e attivazione giovanile. Tra i project work della Scuola di Bollenti Spiriti è quello che mi ha incuriosito da subito, tanto da farne la mia scelta.

Nato in una serata annoiata da un gruppo di amici, Fiffa inda Street è un “non torneo” di calcio di strada 3 contro 3 in cui le squadre si sfidano in partite di soli 7 minuti. Da un piccolo gruppo che giocava per strada il Fiffa ha iniziato ad appassionare tanti altri giovani e giovanissimi, francavillesi e non, arrivando addirittura ad essere esportato in altre città come Torino, Colonna, Bari. E’ stato definito il “rave del pallone” perché mobilita migliaia di persone nei vari “non tornei” di calcio: calciatori, arbitri, fotografi, ragazze tifose, paninari e molto di più.

Per dirla nel gergo del Fiffa, la partita del mio project work si gioca per strada, nei bar o nell’oratorio, nei luoghi dove i “fiffers” si incontrano in mancanza di spazi per i giovani. Anche durante le vacanze non si fermano e si riuniscono per pianificare le prossime edizioni del Fiffa, le decisioni sulla creazione di una redazione giornalistica e tutto quello che ruota intorno al loro mondo.

Sì, il loro mondo, un mondo dove sono dovuta entrare in punta di piedi per “studiare” e capire come in un contesto informale possano crearsi occasioni di apprendimento. E’ passata solo una settimana, ma sono tante le riflessioni.

I ragazzi di Fiffa non sono costituiti in associazione, ma nel loro agire spontaneo e destrutturato sono organizzatissimi. Per loro si parte dalla pratica per arrivare alla teoria, prima tentano e poi, dicono, i ruoli di responsabilità usciranno da soli.

La comunicazione passa sui social network. Seguitissima la pagina Fiffa inda Street cha conta oltre 7000 followers e un altissimo engagement, viralissima perché usa un linguaggio ed una strategia che sa appassionare i fiffers. Instagram, twitter e facebook sono i loro strumenti di comunicazione privilegiati e sono coscienti del loro potenziale, seguiti anche oltre continente, persino in California.

I social sono libertà di espressione, ma anche spazi di democrazia. Il loro gruppo segreto di facebook si configura come piazza virtuale, dove tutti propongono, discutono, commentano e prendono decisioni anche a km di distanza. Sul gruppo si decidono locandine, spot promozionali, redazione, riunioni ed altro.

La forza del Fiffa sta nel gruppo, nel senso di appartenenza, nel sentire il Fiffa come qualcosa di tutti, gratuito ed aperto a tutti. Il Fiffa è giocare a pallone per strada con i tuoi amici. I fiffers sono prima di tutto un gruppo di amici che hanno una passione in comune, il calcio. Loro stessi dicono che il Fiffa come format funziona solo dove c’è un gruppo di amici, una comunità di persone di riferimento, non servono sponsor ma voglia di giocare.

Fiffa è un vero e proprio“incubatore di competenze” nato dal basso, autogestito, dove tutti possono proporsi per dare una mano nella grafica, nelle fotografie, negli articoli, nell’arbitrare, nell’organizzare. I fiffers sono in grado di assumersi responsabilità, responsabilizzare anche i più giovani e dare fiducia e spazio per imparare. I fiffers imparano da soli e imparano tra di loro, competenze che poi sono sempre più appetibili nel mondo del lavoro. Gestire oltre 150 squadre, arbitri, spettatori e fare un bel lavoro di squadra non è un gioco da ragazzi, o forse sì?