Cos’è
La città vecchia di Taranto presenta in larghi tratti edifici e locali abbandonati a causa di un lento esodo dall’Isola da parte degli abitanti. Lo spopolamento del quartiere determina la chiusura di attività e servizi: numerosi locali sono occupati abusivamente dai cittadini della zona ed utilizzati come depositi o in alcuni casi murati per motivi di sicurezza.
Negli ultimi anni, con il trasferimento di alcune Facoltà dell’Università di Bari, una zona della città vecchia è in parte recuperata ed avviato a nuova vita, grazie al ripopolarsi di residenze ed attività commerciali (gelaterie, bar, pub, trattorie, pizzerie, cartoleria). L’avvio di nuove attività commerciali ha dato nuova linfa al quartiere e soprattutto ha salvato dall’abbandono edifici e locali. Tuttavia, stride ancora fortemente la forte presenza di spazi vuoti ed in abbandono, in contesto in cui circa il 70% del patrimonio edilizio della città vecchia è di proprietà pubblica. In questo scenario, si inserisce la storia della cucina fatù.
Da tempo un locale sito in via Cava 69, di proprietà dell’agenzia regionale per la casa e l’abitare – arca jonica, risulta ufficialmente chiuso e abbandonato, in seguito al fallimento della precedente attività commerciale (un wine bar). Il locale, ristrutturato e in buone condizioni, è aperto e gestito in via informale da alcuni cittadini residenti durante la manifestazione estiva l’isola che vogliamo.
A Natale del 2013, per una sera, via Cava 69 è diventato un ristorante per un giorno su iniziativa di un’associazione culturale che da anni lavora nella zona ed ha seguito il progetto del Laboratorio Urbano Cantiere Maggese. Lo spazio vuoto è stato attrezzato nel giro di pochissimo tempo dai residenti della zona e da un gruppo di artisti, grafici e progettisti.
Il nome Fatù proviene viene dalla modalità libera di pagamento basata sui concetti di fiducia e valutazione soggettiva del giusto prezzo. Il ristorante temporaneo ha riscosso successo ed è servita a mettere in luce le potenzialità dello spazio, inserito in un ambito pregevole della città vecchia, dove sono presenti numerosi ipogei, il laboratorio urbano, piccoli cortili, cul de sac, piazzette e slarghi.
Durante la prima edizione della scuola di Bollenti Spiriti, fra maggio e luglio del 2014, i partecipanti hanno utilizzato informalmente la cucina per preparare la cena, allestendo gli spazi con tavoli, sedute e lampade. Nel giro di pochi giorni la cucina è diventata, grazie alla concomitanza delle attività della Scuola nell’adiacente Cantiere Maggese, uno spazio aperto, dove sono nate amicizie, relazioni e scambi di idee. La cucina ha ospitato cene e aperitivi promosse da associazioni e cittadini, presentazioni di progetti, momenti culturali e focus di approfondimento sui temi dell’alimentazione e della gestione comunitaria della ristorazione.
Elementi salienti
Il riutilizzo degli spazi pubblici per favorire attivazione e apprendimento in situazione
La Cucina Fatù sorge in uno spazio pubblico di proprietà dell’ARCA Jonica. Il patrimonio pubblico dismesso a scopo non abitativo può essere una risorsa per creare esperienze guidate di attivazione ed apprendimento per i giovani in condizione di emarginazione sociale, culturale ed economica. Gli attuali strumenti amministrativi appaiono inadeguati a liberare il patrimonio pubblico, assegnandolo a scopi sociali, secondo procedure snelle e celeri.
La questione di genere
Intorno alla Cucina Fatù si è consolidato un gruppo di giovani donne che si è già cimentato nella cucina di strada con buoni risultati. Nella logica dell’utilizzo temporaneo e dell’imparare facendo, la gestione dello spazio di Via Cava, 69 può rappresentare per queste ragazze – in un contesto sociale in cui il ruolo della donna spesso non va oltre quello di moglie e di madre – un’occasione per mettersi alla prova, sperimentando indipendenza e socialità.